IL “VALORE” BIOLOGICO DEGLI ALIMENTI

I meat you!

IL “VALORE” BIOLOGICO DEGLI ALIMENTI

 

Il nostro organismo è costituito da molecole1 di diverse classi2 che sono soggette ad un continuo ricambio; siamo così costretti a “sintetizzarne” o ad introdurne dall’esterno continuamente di nuove per permettere la rigenerazione dei nostri tessuti ed il mantenimento della continuità delle nostre condizioni interne.

Tutte queste molecole hanno, ovviamente, uno specifico ruolo e sono, “quasi sempre”, necessariamente essenziali. Ho scritto “quasi sempre” sempre perché in alcuni casi il nostro organismo è in grado di convertire alcune molecole in altre potendo quindi supplire alla mancata introduzione di un componente tramite la conversione di un altro.

Talvolta questa conversione è sufficiente a coprire i nostri bisogni, ma talvolta no.

Un esempio eclatante è costituito dall’acqua: il nostro organismo ne sintetizza in continuazione utilizzando l’ossigeno atmosferico per “bruciare” gli alimenti (che contengono carbonio, azoto, idrogeno…); questa continua lenta combustione è essenziale per produrre e fornire energia alle nostre cellule. L’utilizzo metabolico, di sostanze organiche genera sostanzialmente anidride carbonica che, in eccesso, dobbiamo espellere con la respirazione3, sostanze azotate (che eliminiamo soprattutto come urea ed acidi urici) ed acqua. Ma l’acqua che generiamo è in quantità insufficiente per compensare alle perdite dovute al funzionamento dei nostri apparati. Pensiamo alle secrezioni gastro-intestinali, agli inevitabili (e necessari) processi di evaporazione della nostra cute e mucose ed alla necessità di diluire gli “scarti metabolici” che dobbiamo eliminare con le urine.

Di conseguenza l’introduzione di opportune dosi di acqua con la dieta diviene necessaria.

Su termine “opportuno” si avrà tempo e modo di ritornare.

Per quanto riguarda le sostanze inorganiche (i sali minerali), alcuni grassi, le vitamine e quant’altro vanno assunti necessariamente con la dieta affidando al nostro metabolismo il compito di bilanciarle nell’organismo.

Le sostanze organiche, le molecole che caratterizzano gli esseri viventi sono per lo più polimeri4 di grandi dimensioni, contenenti sempre atomi di carbonio, che possono essere raggruppate in quattro classi:

  1. carboidrati (zuccheri semplici o complessi), che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno
  2. lipidi (o grassi) , che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno
  3. proteine, che contengono carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo
  4. acidi nucleici, che contengono carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo.

Le componenti di base (gli “ingredienti” o atomi) sono quindi sempre e sostanzialmente le stesse ed, entro certi limiti (il “quasi sempre” di prima) si potrebbe immaginare che l’organismo sia in grado di sintetizzare una molecola di una certa classe a partire da un’altra. Praticamente: smontare i mattoni (atomi) di una casa per costruirne un’altra.

Se per “organismo” intendiamo l’insieme di tutti gli esseri viventi sul pianeta, questo è vero, ma se per “organismo” intendiamo un certo individuo di una certa specie, l’assunto non regge più.

È vero che se io mangio un eccesso di carboidrati il mio organismo li trasforma in lipidi e, di conseguenza ingrasso e mi aumenta il colesterolo nel sangue; oppure, se ne mangio una quantità adeguata e faccio attività fisica li trasformo in massa muscolare e cioè proteine.

Ma, come si diceva prima, io non sono in grado di sintetizzare tutte le molecole che mi servono a partire da altre, quindi non mi basta introdurre una qualsiasi delle classi di molecole organiche per ottenere le altre ma devo trovarle già fatte nell’ambiente e mangiarle.

Questa “limitazione funzionale” non è casuale ma è una conseguenza della selezione evolutiva.

Non è pensabile che un singolo individuo di una certa specie conservi nel suo genoma5 tutte le informazioni necessarie per fare tutto; esempio: gli animali non sono in grado di sintetizzare la clorofilla e, di conseguenza, di svolgere la fotosintesi in compenso possono mangiare le piante che contengono l’amido che è stato da loro prodotto per fotosintesi.

Il vantaggio evolutivo6 è costituito da una semplificazione degli organismi che perdono progressivamente vie metaboliche complesse sviluppandone di nuove “strategicamente” più utili. Nell’evoluzione si perde cioè progressivamente la capacità si sintetizzare tutto quello che nell’ambiente è già disponibile e che si può introdurre con l’alimentazione. Un genoma semplificato diventa più facile da usare come un computer di cui si sia ripulito l’hard disk generando la possibilità di istallare nuovi programmi che “gireranno” più velocemente.

Poi i guai vengono fuori quando l’ambiente cambia. Per esempio tra il sei- ed il settecento, con la progressiva (in termini evoluzionistici le centinaia di anni sono un nulla) urbanizzazione (già iniziata nel 10°-14° secolo) che comporta l’abbandono dell’agricoltura, della pastorizia e dell’arte venatoria, l’ambiente cambia. In Europa, si scopre (o si riscopre) la fame ma sarà dopo, con l’arrivo dei nuovi vegetali dalle Americhe che si scoprirà l’esistenza delle “malattie della fame”.

L’introduzione del mais, che diventa in alcune zone, specie del nord-Italia, l’unica fonte di sostentamento fa “scoprire” l’esistenza dell’abbandono evoluzionistico di una via metabolica. Prima si moriva di fame, ora si muore di pellagra. Bisognerà arrivare alla fine del primo conflitto mondiale per capire ed introdurre il concetto di vitamine e afferrare che la pellagra è la conseguenza di un deficit alimentare specifico, quello della vitamina PP. Un qualcosa che dobbiamo mangiare perché ci siamo “dimenticati” come si fa a sintetizzarlo; che non si poteva conoscere prima che la dieta di certi esseri umani si basasse sostanzialmente sul mais (che ne è privo).

Certo, nell’evoluzione non abbiamo perso del tutto la capacità di generare tutte le molecole che ci servono a partire da altre, ma la capacità residua può non essere sufficiente ai bisogni dell’organismo che, ovviamente, non si può adattare completamente (un adattamento evolutivo può richiedere milioni di anni) alle modificazioni delle abitudini dietetiche (che possono richiedere solo pochi anni se non giorni). L’esistenza di “riserve” alimentari nel nostro organismo diviene quindi una strategia essenziale, ma questo è un altro discorso.

Le proteine del nostro organismo non fanno eccezione a questa regola: il nostro organismo è capace di sintetizzare quasi tutti i loro componenti di base (gli aminoacidi) a partire da altre fonti ma le vie di sintesi di alcuni aminoacidi sono state perdute nell’evoluzione.

Questi amminoacidi, che siamo costretti ad assumere con la dieta, sono circa 9 su una ventina (almeno nell’individuo adulto, qualcuno di più nelle fasi di crescita o nella gravidanza). Vengono definiti amminoacidi “limitanti” in quanto il loro contenuto in un alimento proteico pone un limite al suo valore nutrizionale.

Noi, però, non mangiamo aminoacidi ma proteine che possono avere composizioni diverse con concentrazioni amminoacidiche relative non corrispondenti ai nostri bisogni.

L’ideale sarebbe mangiare qualcosa che avesse esattamente la nostra stessa composizione in amminoacidi ma, fortunatamente, esistono alcune strategie alternative al cannibalismo (che comunque, da solo, non funzionerebbe benissimo ed il perchè lo vedremo in seguito).

 

  1. Insieme di due o più atomi legati tra loro da legami chimici, ossia legati dalla condivisione di elettroni. È la più piccola quantità di una sostanza che ne conserva ancora la composizione chimica e le caratteristiche chimico e chimico-fisiche.
  2. Strutture chimiche che condividono tra loro alcune proprietà o, se vogliamo, in qualche modo “si somigliano”.
  3. Anche una “giusta quantità” di anidride carbonica ci è necessaria. Serve al mantenimento del nostro pH o, se vogliamo, del nostro equilibrio acido-basico. In condizioni normali ne produciamo in eccesso rispetto al bisogno e siamo “studiati” per espellerla ma in condizioni particolari ci serve pure quella. Non ricordate le scene del film in cui Tony De Vito, in preda ad un attacco di panico, cade in iperventilazione e deve respirare dentro ad un sacchetto di carta? Bene, in quelle condizioni anche l’anidride carbonica diventa essenziale per il nostro organismo, ne espelliamo in eccesso e dobbiamo “riciclarla” respirando il nostro stesso fiato!
  4.  Un polimero è un complesso di subunità legate assieme da legami chimici; per fare un esempio, l’amido è un polimero del glucosio ed una proteina è un polimero di amminoacidi.
  5. Complesso dei geni di un individuo, cioè l’insieme de corredo cromosomico o, se si preferisce, il totale delle informazioni genetiche.
  6. che ha progressivamente portato alla differenziazione e selezione di nuove specie a partire dai primi organismi che trovavano tutto il materiale organico di cui avevano bisogno nell’ambiente esterno verso organismi pluricellulari complessi come le piante od i primi animali (circa 400 milioni di anni fa)