Il valore biologico delle proteine (parte prima)
I meat you!
IL “VALORE” BIOLOGICO DELLE PROTEINE (parte prima)
Le proteine negli esseri viventi svolgono numerose attività che spaziano da quelle funzionali (enzimi, anticorpi, proteine contrattili, alcuni ormoni…), a quelle strutturali (collagene, cheratina…). Una proteina è un polimero di aminoacidi disposti in una sequenza ben definita. Possiamo immaginare che gli aminoacidi siano dei mattoni che disposti in un certo ordine danno origine ad una specifica proteina.
Come già detto gli aminoacidi utilizzati da tutti gli esseri viventi sono circa una ventina, molti di questi possono essere sintetizzati da quasi tutti gli organismi a partire da altre molecole (da zuccheri o grassi) anche se, negli animali superiori, è quasi sempre prerequisito necessario la disponibilità di qualcuno degli altri aminoacidi.
Come descritto, nell’evoluzione questa “versatilità” si è andata perdendo e nell’uomo almeno 9 aminoacidi sono essenziali e necessariamente devono essere introdotti con la dieta. Inoltre gli aminoacidi non possono essere depositati nel nostro organismo come accade con i grassi e quindi la loro introduzione deve essere piuttosto costante.
Facciamo un esempio, puramente teorico e lasciamo perdere la complicazione legata al fatto che per digerire devo secernere enzimi (che sono comunque sempre proteine) le cellule del mio intestino vanno nel frattempo in contro ad un ricambio, che l’assorbimento non è mai perfetto e quant’altro. Indichiamo con una lettera a caso gli aminoacidi della sequenza di una certa proteina che il mio organismo ha bisogno di sintetizzare; la sequenza è: ABCDEFAABBCACFDDAACD, in totale (in via teorica almeno) avrò bisogno di 6 A, 3 B, 4 C e 4 D = 17 aminoacidi. Facciamo finta che mio intestino sia in grado di “smontare” completamente qualunque proteina che io introducessi, quindi: posso mangiare ACDECCDDDABFAABBFACA (che contiene 6 A, 3 B, 4 C e 4 D), smontarla e ricostruire la proteina che mi serve.
Ora complichiamo un po’ l’esempio A e D sono aminoacidi essenziali quindi, per sinterizzare ABCDEFAABBCACFDDAACD posso mangiare qualunque altra proteina a patto che contenga 6 A e 4 D: AADXXYAAYADDDAXYZ (6A, 4D, 3X ,3Y e 1Z) andrà benissimo.
Non importa la sequenza, ma la composizione in aminoacidi essenziali e quest’ultima varia negli organismi viventi in relazione alla loro distanza evolutiva (od a quanto diversi sono).
Ora se io mangiassi due proteine una proveniente da un certo vegetale (che è molto lontano da me dal punto di vista evolutivo) con tre 3A e 5 D (più un certo numero di X, Y e Z) ed un’altra (di un altro vegetale) con 9 A e 3 D (più un certo numero di H, K e J), avrei i pezzi per formare due delle proteine che mi servono.
Ora, noi non abbiamo bisogno di sintetizzare non una sola proteina, ma un gran numero e diverse tra loro quindi, alla fine, non serve stabilire caso per caso quali aminoacidi servono ma stabilire la “quantità media” di aminoacidi essenziali di cui abbiamo bisogno.
L’esempio di prima non è casuale: le proteine dei cereali scarseggiano particolarmente in lisina (uno degli aminoacidi essenziali) ed hanno discrete quantità di metionina (un altro degli aminoacidi essenziali), i legumi sono invece poveri di metionina; tutti gli altri aminoacidi sono presenti un quantità abbastanza bilanciate (vedremo poi cosa questo significa) per il nostro organismo. Quindi, se da soli i derivati di cereali e legumi non possono sostenere l’alimentazione umana, una “pasta e fagioli” può costituire (sotto il punto di vista proteico) un alimento “abbastanza” bilanciato. Certo che però, anche se non occorressero altri disordini metabolici e carenziali (deficit di vitamine, acidi grassi essenziali…), vivere di sola pasta e fagioli non è possibile. In primo luogo perché verrei ad introdurre un grande quantità di amidi che non è detto che mi servano e mi facciano bene. In secondo luogo perché, per avere la giusta quota di aminoacidi essenziali mi troverei a mangiarne un eccesso di non essenziali che il mio organismo utilizzerebbe per trasformali in trigliceridi (e quindi in grasso ed adipe) eliminando una gran quantità di azoto sotto forma di scorie azotate che, alla lunga, sovraccaricherebbero fegato e reni.
Siamo quindi costretti ad introdurre dall’esterno alimenti con miscele di proteine diverse con una composizione aminoacidica ben equilibrata e, possibilmente, con un bilanciato contenuto di tutti gli altri nutrienti (grassi, zuccheri, vitamine, sali…).
Per cercare di stabilire i parametri che devono essere rispettati in una dieta equilibrata sotto il profilo della composizione proteica, i nutrizionisti (ma anche la FAO e l’OMS) hanno stabilito dei parametri che dovrebbero essere sempre considerati.
Il bisogno proteico totale è la quantità di proteine (indipendentemente dalla loro composizione) che un individuo deve assumere. L’apporto proteico di sicurezza è la quantità minima di proteine necessarie a mantenere la condizione di salute in un individuo e corrisponde a 0,75 g per Kg di peso corporeo. Ci si riferisce ovviamente alle condizioni di un individuo adulto e sano (durante la crescita, la gravidanza e la malattie aumentano le richieste) ed a proteine di alto valore biologico, cioè con una composizione aminoacidica ottimale cioè contenenti tutti gli aminoacidi essenziali nei giusti rapporti.
Ma, alla prova pratica, ovviamente le cose non sono mai così semplici come sembrano e questi valori sono più teorici che reali.
In primo luogo bisogna stabilire quali sono i reali fabbisogni di un individuo, in secondo ruolo va definita non solo la composizione in aminoacidi di un certo alimento ma anche le sue caratteristiche globali.
Il concetto si capisce meglio con un esempio: anche immaginando di magiare proteine quasi pure (senza cioè grassi, zuccheri ed altro) ed anche immaginando che la loro composizione in aminoacidi sia molto simile a quella di cui l’uomo ha bisogno (cioè, per semplicità, a quella di cui è fatto) bisogna tenere conto della reale utilizzabilità degli aminoacidi. Se io mangio lana, forfora, cuoio per suole da scarpe, corna ed unghie introduco proteine animali che, chimicamente, contengono aminoacidi essenziali ma che non sono digeribili ed assorbibili, di conseguenza sono nutrizionalmente “inutili”. In più bisogna considerare quante altre componenti non proteiche possono presenti in una matrice alimentare che possono influenzare la digeribilità delle proteine. La cosiddetta fibra alimentare, per esempio, se da un lato agevola le funzioni intestinali dall’altro ritarda o limita la digeribilità e l’assorbimento proteico.
Alla fine, l’unico modo per valutare l’utilizzabilità nutrizionale di una certa matrice proteica non resta che confrontare i calcoli teorici ottenuti in laboratorio con l’analisi della composizione aminoacidica con i dati reali di digestione ed assorbimento in vivo.
Non si preoccupino gli animalisti, se preferiscono pensarlo, questi studi sono stati condotti solo su bambini poveri e denutriti. In realtà, ovviamente, non è così: sono studi condotti su individui volontari giovani e sani e su animali il cui benessere doveva, per forza (se si fossero ammalati il loro fabbisogno proteico sarebbe cambiato), essere monitorato!
Vediamo la logica di questi esperimenti, le macromolecole degli alimenti sono le stesse che costituiscono il nostro organismo e quello della maggioranza degli altri esseri viventi:
– I carboidrati (che contengono carbonio, idrogeno ed ossigeno) possono essere convertiti in lipidi ed essere accumulati nell’organismo umano e animale.
– I lipidi (o grassi) (che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno) possono essere accumulati come tali, ed al bisogno, essere trasformati ed usati come fonte energetica.
– Le proteine (che contengono carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo) e gli acidi nucleici, (che contengono carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo) non possono essere accumulati nei nostri tessuti e, se introdotti in eccesso, vengono trasformati in zuccheri od in lipidi. Quest’ultime molecole non posseggono però azoto che, in caso di trasformazione ed accumulo deve essere eliminato (come ammoniaca, urea, acido urico etc.). Quindi, se somministro una miscela di zuccheri, grassi e proteine (ma non acidi nucleici) e calcolo quanto azoto è presente nella dieta, quanto ne resta nelle feci e quanto è secreto con le urine, ho una idea abbastanza precisa di:
A- quanti aminoacidi sono stati assorbiti dall’intestino (azoto introdotto meno l’azoto fecale), che diventa un indice della digeribilità e dell’assorbimento di una certa miscela di proteine;
B- quanti assorbiti ma trasformati in zuccheri e grassi (quelli introdotti in sovrappiù in relazione ai bisogni assoluti od alla quantità di aminoacidi essenziali che pongono il limite nutrizionale ad una proteina alimentare). Se dobbiamo buttarli via come aminoacidi e trasformarli in sostanze prive di azoto, una volta che fossero all’interno dell’organismo, l’azoto in eccesso verrà eliminato e lo troverò nelle urine;
C- Quanti sono stati utilizzati nella sintesi delle proteine di quell’organismo (azoto trattenuto = azoto introdotto, meno l’azoto fecale, meno l’azoto urinario).
Quantificare l’azoto in una miscela complessa è meno difficile di quanto si possa immaginare: in presenza di un acido forte (solforico), i composti organici si “sciolgono” liberando i loro atomicostituenyi. L’azoto contenuto negli aminoacidi si trasforma in ammoniaca che è una sostanza basica e che si può distillare. Quindi: trattamento con acido solforico a caldo, distillazione, quantificazione delle basi distillate usando un acido per portare il pH alla neutralità (ci sono varie sostanze che cambiano colore al variare del pH): in base a quanto acido devo usare per neutralizzare il distillato saprò quanta ammoniaca c’era dentro.
A dirsi è più difficile che a farsi, esistono macchine che fanno tutto in automatico! Ora: l’azoto negli aminoacidi (e nelle proteine, di conseguenza) è, più o meno, un sesto del peso complessivo, si moltiplica l’azoto per 6,25 e si viene a sapere quanti aminoacidi, e cioè proteina, c’erano in una miscela per quanto complessa.
È un test utilizzato spessissimo per scrivere le tabelle nutrizionali degli alimenti e viene indicato nelle etichette con: proteina (N x 6,25) = a tot. Dove N sta per l’azoto e 6,25 è il moltiplicatore per calcolare la quantità di proteina da cui deriva.